Azienda Agricola Biologica

Top Quality Wines Respecting Nature

Quell’angolo dello Swaziland

La Casa di Bricciano a Gaiole in Chianti

Quell’angolo dello Swaziland

Bisogna essere stati in Sud Africa, in quelle parti collinari e montane dove il Mal d’Africa ti prende e non ti lascia più. Bisogna essere nato nello Swaziland, vissuto lì per moltissimi anni, per rivedere con nostalgia alcuni angoli di quelle terre anche in luoghi lontani centinaia e centinaia di chilometri. Così come è accaduto a Peter R.D. de Pentheny O’Kelly, di famiglia nobile irlandese, nato e cresciuto in quel piccolo paese confinante con il Mozambico.

Ci attende alle porte della Casa di Bricciano a pochi chilometri a sud dell’abitato di Gaiole in Chianti. Ho scritto “Ci” perché questa volta mi ha accompagnato nel mio vinovagare per conto del Corriere del Vino la sommelier Lisa Pagliazzi.

Con un fuoristrada Peter ci porta alla visita dei vigneti. Chiedo di scendere per fotografare lo splendido panorama chiantigiano ma mi chiede di pazientare. “C’è un punto particolare dove potrà effettuare foto ancor più panoramiche”. È il punto Swaziland, una terrazza in legno costruita “a sbalzo” sulla conca di Bricciano dove il sole al tramonto, nelle calde serate estive, colora il tutto di tinte africane. Peter ha portato con se un pic nic da aperitivo ed insieme ci illuminiamo di paesaggio dello Swaziland. Racconto dei miei viaggi in quella parte del mondo  e lui capisce il perché del mio facile coinvolgimento.

Inizia il suo dei racconti, il perché di certe scelte, proprio di quella parte di collina, di coltivare certi vitigni. Le lunghe, defatiganti, a volte scoraggianti ricerche per produrre qualità. Dubbi e perplessità per raggiungere poche ma solide convinzioni. Ci spiega, con metodica scientifica, che l’elemento essenziale di ogni strategia è individuare il mercato di riferimento, a chi vendere i prodotti, per poi farli e venderli al meglio. Serve l’identificabilità dei prodotti per essere riconosciuti e apprezzarne le caratteristiche di pregio.

Parla a ruota libera e capisci che ha deciso di puntare sulla riconoscibilità dei propri vini, sottraendosi ad una concorrenza che, vista la piccola dimensione aziendale, lo schiaccerebbe inevitabilmente. I suoi vini sono diversi, la Casa di Bricciano è tutta un’altra cosa.

Peter R.D. de Pentheny O’Kelly,  di famiglia nobile irlandese, nato e cresciuto in quel piccolo paese confinante con il Mozambico, è dotato di una vista molto lunga. Punta decisamente sulla qualità. Chi vuole i suoi vini deve volerli perché unici. Agricoltura biologica, poco invasiva ma nesuna posizione come “alfiere” dei cosiddetti produttori “naturali”. Solo una linea di comportamento rispettosa dell’impatto ambientale e in riferimento al bene del consumatore. E poi il vino prima di tutto deve essere buono.

Tredici i campioni in assaggio suddivisi in quattro tipologie:

Chianti Classico Dogc 2011 e 2014

Chianti Classico Riserva Docg 2008, 2009, 2010

Sangiovese Igt 2010, 2008, 2007

Il Ritrovo Igt 2009, 2008, 2007, 2006

Sei i campioni di cui riporto le note sensoriali:

Chianti Classico Docg 2011. Il Chianti così definito “base”. Quello da cui capisci la filosofia aziendale. Deve colpire, centrare ma nonsbalordire. Ha quel tocco d’internazionale (permesso dal disciplinare del Chianti Classico) che avvalora quanto preannunciato. Sangiovese 80%, Merlot e Cabernet Sauvignon 20%. Colore rubino leggermente profondo, ruota nel calice con buona consistenza. Naso tipico chiantigiano “addolcito” dalla presenza del Merlot. Al palato equilibrato con tannini ben estratti e media persistenza con ritorni fruttati e speziati. Affinamento per tre mesi in barriques, il tocco che lo rende piacevolmente diverso. 
Quell’angolo dello Swaziland

Chianti Classico Riserva Docg 2010. Altro vino, altra dimensione. Sangiovese 86%, Cabernet Sauvignon, Merlot e Colorino Ancellotto (al maschile come lo chiama Peter) 14%. Finezza e tipicità con un tocco di ripetuta diversità. Manto rubino limpido ma con accenni al granato. Al naso assisto ad unasfilata di aromi che vanno dal sottobosco all’humus, china, rabarbaro, accenni minerali e chiusura del cerchio da parte di fragranza vanigliata. Al palato struttura agile, equilibrata con tannini eleganti. Persistente, trascinatore di aromi fruttati e speziati.
Quell’angolo dello Swaziland

Sangiovese Igt 2007. La vendemmia ha dato una mano importante a questo Sangiovese “quasi” in purezza. Solo 2% di “Ancellotto”. Ininfluente? Con Peter si è aperto un dibattito di oltre mezz’ora e alla fine ho dovuto dargli ragione. L’ancellotto fa la differenza. Quel tocco di terroso, erbaceo, di mela golden senza dimenticare la presenza di ulteriori morbidezze e quell’intensità di antociani; tutti elementi in più per il Sangiovese di Casa di Bricciano. Meritatissimo Quell’angolo dello Swaziland

Il Ritrovo Igt 2010. L’inizio di una mini-verticale del vino internazionale da cui ho tratto tre eccellenze. Vendemmia 2010. Riportata anche perché l’unica volta dove il blend è stato formulato con Merlot e Cabernet Sauvignon nella misura del 50%. Decisione per sostenere, da parte del Merlot, la troppa irruenza del Cabernet Sauvignon 2010. Nella mini-verticale è il campione che si presenta con olfatto e gusto diverso. Ed è per questo che non raggiunge il massimo del voto. 
Quell’angolo dello Swaziland

Il Ritrovo Igt 2007. Gran bel vino. Cabernet Sauvignon 70%, Merlot 30%. Il giusto blend per questa eccellenza. Ci regala sorprese olfattive una dietro l’altra. More, china, tè nero, toni erbacei, tabacco, tocchi minerali e gradevole balsamicità. Il sorso ci rilascia un tannino regale a comandare un equilibrio tra morbidezze e acidità. Lungo con ritorni speziati sul vanigliato. 
Quell’angolo dello Swazilande chapeau!

Il Ritrovo Igt 2006. Carica cromatica rubino che vira decisamente sul granato. Al naso innumerevoli sensazioni che vanno dai secondari ai terziari con un finale avvolgente “dolce vanigliato”. Bocca di corpo dove i tannini nobili rifiniscono il sorso elegante. Retrogusto leggermente balsamico che si perde negli speziati. 
Quell’angolo dello Swaziland e chapeau!

Con vini così non ci siamo annoiati, perché la pratica degli assaggi vincono su qualsiasi teoria. I vini della Casa di Bricciano piacciono, alcuni fanno letteralmente innamorare, altri si fanno ricordare per la loro semplicità. Peter mi osserva mentre prendo appunti in modo cifrato sul mio moleskine cercando di capire e tradurre quei segni a lui incomprensibili. È la mia privacy. Non sa che anch’io tutte le volte che visito una Azienda, assaggio i vini, assegno giudizi mi assale una miscela di emozioni, timori, energia: uno dei tanti esami da superare nella vita.

La maglia con i colori della nazionale di rugby irlandese indossata da Peter si perde nello specchietto retrovisore della macchina. Ci stiamo allontanando dalla Casa di Bricciano, quel piccolo angolo dello Swaziland a Gaiole in Chianti.

Urano Cupisti

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